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Autonomia e Aspromonte, la vocazione unitaria del Sud ha radici antichissime

Autonomia e Aspromonte, la vocazione unitaria del Sud ha radici antichissime

Teatro Antico di Taormina

Scritto da: Redazione

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Categorie: Blog/News

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Autonomia e Aspromonte: la vocazione unitaria del Sud ha radici antichissime che tornano alla luce in epoca di nuovi separatismi. È questo il tema di un convegno che l’Associazione Nuovo Umanesimo sta organizzando in risposta alla riforma sulla conclamata Autonomia.

Garibaldi e la sua passione unitaria

La passione unitaria meridionale traspariva profondamente dalla popolarità di un eroe come Giuseppe Garibaldi nel Risorgimento, protagonista di epopee popolari specie dopo la ferita in Aspromonte Ma ancora prima l’unità è oggetto di un progetto straordinariamente attuale come una risposta al separatismo: è il progetto dei Normanni contenuto nella Canzone d’Aspromonte. C’è infatti nella canzone d’Aspromonte, la chanson de geste ambientata nella montagna sacra dei calabresi, in primo piano il segno dell’unità europea. Dopo la caduta di Risa-Reggio, per mano degli africani, tutti gli eserciti europei convergono in Aspromonte in difesa della cristianità.

Aspromonte baluardo a Sud dell’Europa

L’Aspromonte diviene così il baluardo a Sud dell’Europa come i Pirenei lo erano a Nord, Orlandino è l’eroe della canzone  di Aspromonte, così come nella canzone di Roland. L’empereur è colto da Orlandino mentre sta per soccombere nel duello col saraceno Almonte e esce vincitore conquistando l’elmo, la spada e il cavallo del pagano come ricorda Ariosto nell’Orlando Furioso che prende le mosse proprio dall’Aspromonte. La fontana ha un ruolo importante nella Canzone. Essa non è soltanto il luogo dove avviene il fatale duello tra Almonte ed Orlandino, ma entra anche nella profezia di Gallicella, la donna guerriera che sarà il modello di Bradamante, la donna guerriera dell’Ariosto.

Aspromonte fu simbolo di valore ed unità

Per secoli l’Aspromonte fu simbolo di valore ed unità finché i rifacimenti della prima Canzone ne perpetuarono la memoria, includendo i vari territori con l’inserimento di particolari che l’esercito di cantastorie nelle corti rinascimentali innestava nella vicenda principale. I Normanni, nel cui ambito sorge la Canzone, avevano un progetto politico ben definito di unità che si rifaceva a quello europeo dei carolingi, ma che guardava soprattutto all’Italia. Dunque, la Canzone non sarebbe la chiamata alla Guerra Santa ma il programma politico dei Normanni successori dei carolingi e poi dei signori delle corti padane. I Normanni avevano in comune con le corti padane l’ideologia cavalleresca, il sogno di uno stato meridionale cuore dell’impero.

Il primitivo progetto in questa direzione era tramontato alla morte di Federico II nel 1250 ma restava un’idea unitaria. Il progetto ha come elementi fondamentali la presenza forte dello Stato e la continuità dell’elemento educativo con l’inclusione di tutti i territori. Ogni territorio veniva incluso con un luogo, un personaggio, una gionta-aggiunta. Si crea pertanto una sorta di unità attraverso la lingua e la letteratura a cui lavorano intensamente le accademie. Il progetto politico-educativo dei Normanni in pratica si esaurisce alla morte di Federico ma ritorna con le corti.

Lorenzo dei Medici è il continuatore del progetto di uno stato unitario europeo

Lorenzo dei Medici è il continuatore del progetto di uno stato unitario europeo. La sua politica di equilibrio crea questo orizzonte politico. Dopo la pace di Lodi del 1454 tra Milano e Venezia e la morte del Magnifico, il progetto subisce un altro arresto ma viene ripreso dalle accademie. Le chanson de geste offrono un apporto notevole a tale progetto perché integrano nel ceppo principale tutti i territori con eroi locali, i suoi luoghi. Il poemetto della fine del 400 ha la sua importanza proprio nella direzione del progetto politico unitario.

Riunisce infatti i dati dei vari Aspromonti e propone ancora l’idea di unità. La canzone trasmigra al Nord accolta dai Gonzaga, ad Urbino e poi a Firenze, a Milano, a Venezia il poemetto in ottave è di casa dagli Estensi e viene letto da Ariosto. Verdizzotto, il redattore che appartiene all’Accademia senese, bada al modello virgiliano ma costruisce l’ottava, provvede a riprendere la tradizione classica ma sostituisce le invocazioni alle divinità pagane con preghiere cristiane

Se nella primitiva canzone prevale il fondamento del progetto educativo, la cortesia cavalleresca, qui prevale la solidarietà. Il gioco delle varianti rispetto ai temi fissi è notevole. La salita di Namo resta invariata e così il duello tra Almonte ed Orlandino, ma ci sono piccoli particolari che variano il tema. La tecnica del rinvio della narrazione nel momento culminante per creare sospensione sarà poi ripresa da Ariosto. Il poemetto che si diffonde dalla fine del 400 ad Urbino, Firenze, Milano, Venezia e Ferrara porta al pubblico delle corti l’idea di uno stato meridionale che risale la penisola e crea unità. Il progetto diveniva quello dell’unità nella differenza. Proprio quello di cui abbiamo bisogno.

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